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20 maggio 2025
Suicidio assistito: la Consulta conferma il requisito del trattamento di sostegno vitale

Con la sentenza n. 66 depositata il 20 maggio 2025, la Corte costituzionale afferma che non è discriminatorio limitare ai pazienti che dipendono da un trattamento di sostegno vitale la possibilità di accedere al suicidio assistito, e quindi non è costituzionalmente illegittimo subordinare la punibilità dell'aiuto al suicidio a detto requisito nei termini specificati. La sentenza si accompagna ancora una volta a un forte monito al Legislatore affinché si impegni a dare concretezza una volta per tutte a quanto stabilito con la sentenza n. 242/2019.

di La Redazione

Sono infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate con riferimento all'art. 580 c.p. dal GIP di Milano, in relazione alle quali il P.M. aveva chiesto l'archiviazione di due procedimenti penali per aiuto al suicidio.
Così ha deciso oggi la Corte costituzionale con la tanto attesa sentenza n. 66, stabilendo che non è costituzionalmente illegittimo subordinare la non punibilità dell'aiuto al suicidio al requisito che il paziente necessiti di un trattamento di sostegno vitale.

Detto requisito dunque resta, e in tal senso la Consulta ha richiamato quanto già affermato con la precedente pronuncia (sentenza n. 135/2024), ossia che

giurisprudenza

il requisito che il paziente dipenda da un trattamento di sostegno vitale si concretizza già nel momento in cui sussiste un'indicazione medica in tal senso, con l'obiettivo di garantire lo svolgimento delle funzioni vitali e più precisamente quando l'interruzione o l'omissione di tale trattamento conduce in un breve lasso di tempo prevedibilmente alla morte. Naturalmente, accanto a tale requisito, devono essere presenti anche gli altri indicati nella ormai storica sentenza n. 242/2019. Ciò significa che il paziente non deve per forza iniziare il trattamento per poter poi essere aiutato a morire.

Secondo la Corte, non è quindi discriminatorio limitare ai suddetti pazienti la possibilità di accedere al suicidio assistito. Pur non essendo precluso, infatti, al Legislatore la previsione di una disciplina diversa, approntando tutte le cautele necessarie contro i rischi di abuso e di abbandono del malato, ad esso va riconosciuto un certo margine di discrezionalità nel bilanciamento tra la tutela della vita umana e il principio dell'autonomia del paziente nelle decisioni che riguardano il suo corpo.

Il monito della Consulta al Legislatore non è mancato:

ildiritto

si chiede in particolare di assicurare forme adeguate di sostegno sociale, assistenza sanitaria e sociosanitaria domiciliare continuativa poiché la presenza di dette forme assistenziali condiziona le scelte del malato e può costituire proprio lo spartiacque tra la decisione di vivere e la richiesta di morire. È ancora preoccupante, prosegue la Consulta, che in Italia non sia garantito un accesso equo e universale alle cure palliative, la presenza di lunghe liste di attesa, l'assenza di personale adeguatamente formato e la distribuzione sul territorio di un'offerta molto diversificata.

Legislatore e Servizio sanitario nazionale hanno quindi il dovere di agire prontamente per garantire la concreta attuazione di quanto oggetto della sentenza n. 242/2019, ferma restando la possibilità che il Legislatore detti una normativa diversa nel rispetto delle esigenze di cui sopra.

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