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19 luglio 2024
Suicidio assistito: la Consulta ha deciso, la dipendenza dai trattamenti di sostegno vitale resta

Nel silenzio del Legislatore, il faro resta la sentenza n. 242/2019 che richiede, tra i requisiti per poter accedere al suicidio assistito, anche la dipendenza del paziente da trattamenti di sostegno vitale. Tuttavia, alcune precisazioni sono doverose, in primis il fatto che tutti i requisiti devono essere accertati dal SSN.

di La Redazione

Con la sentenza n. 135 del 18 luglio 2024, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal GIP di Firenze in relazione all'art. 580 c.p. ai fini dell'estensione della non punibilità del suicidio assistito oltre i confini stabiliti dalla Consulta nella precedente sentenza n. 242/2019. Nello specifico, il GIP chiedeva ai Giudici di rimuovere il requisito della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale poiché ritenuto in contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza, di autodeterminazione terapeutica e di dignità della persona, oltre che con il diritto al rispetto della vita privata racchiuso nella CEDU.

Ebbene, la Corte costituzionale si è espressa come di seguito:

1. Il requisito della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale non determina un'irragionevole disparità di trattamento tra pazienti : la sentenza n. 242/2019 non ha infatti riconosciuto un generale diritto di porre fine alla propria vita in ogni situazione di sofferenza intollerabile dovuta ad una patologia irreversibile, ma ha solamente ritenuto irragionevole precludere l'accesso al suicidio assistito per i pazienti che, trovandosi in quelle condizioni e mantenendo ancora intatte le proprie capacità decisionali, già vi abbiano diritto ai sensi della L. n. 219/2017 in conformità all'art. 32, comma 2, Cost., rifiutando il trattamento di sostegno vitale. Tale ratio quindi non si estende ai pazienti che non dipendano da tali trattamenti perché essi non hanno (o non hanno ancora) la possibilità di lasciarsi morire rifiutando le cure.

2. Ciascun paziente ha un diritto costituzionale di rifiutare le cure mediche non imposte dalla legge, anche qualora esse siano necessarie ai fini della sopravvivenza . Tuttavia, tale diritto deve essere bilanciato con il dovere di tutelare la vita umana, allo scopo di evitare non solo possibili abusi, ma anche la creazione di una sorta di pressione sociale indiretta tale da indurre i pazienti a scegliere di morire per non essere un peso per la propria famiglia o per terzi. In tal senso, il compito di individuare un punto di equilibrio tra il diritto all'autodeterminazione e il dovere di tutela della vita umana spetta primariamente al Legislatore.

3. Quanto alla nozione “soggettiva” di dignità, essa finisce per coincidere con quella di autodeterminazione . Per questo anche rispetto ad essa è necessario operare un bilanciamento con il contrapposto dovere di tutelare la vita umana.

4. Venendo alla nozione di “trattamenti di sostegno vitale” : la Corte richiama anzitutto la recentissima sentenza della Corte EDU del 13 giugno 2024 nel caso K. Contro Ungheria, ove i Giudici hanno riconosciuto un ampio margine di apprezzamento ai singoli Stati contraenti in sede di bilanciamento tra il diritto alla vita privata e la tutela della vita umana. Ebbene, la Consulta ha evidenziato che la nozione di trattamenti di sostegno vitale deve essere interpretata dal SSN e dai giudici comuni in conformità a quanto stabilito dalla sentenza n. 242/2019, dunque dovrà basarsi sul riconoscimento del diritto fondamentale del paziente di rifiutare ogni trattamento sanitario praticato sul suo corpo, ivi incluse tutte quelle procedure che possono essere apprese anche dai familiari o dai caregivers che assistono il paziente, come l'evacuazione manuale o l'inserimento di cateteri, sempre che la loro interruzione determini prevedibilmente la morte del paziente in breve tempo.

giurisprudenza

In tale contesto la Corte ha altresì sottolineato che non c'è distinzione ai fini dell'accesso al suicidio assistito tra la situazione del paziente già sottoposto ai trattamenti di cui sopra di cui può chiedere l'interruzione e quella dei pazienti che non vi sono ancora sottoposti ma che ne hanno la necessità per sostenere le funzioni vitali.

attenzione

In ossequio a quanto stabilito dalla storica sentenza n. 242/2019, per tutti i fatti successivi a tale anno, le condizioni e le modalità di esecuzione dell'aiuto al suicidio devono essere verificate dalle strutture pubbliche del SSN nell'ambito della “procedura medicalizzata” di cui alla L. n. 219/2017, previo parere del comitato etico territorialmente competente.
Resta comunque intatta la necessità che il giudice penale accerti tutti i requisiti del reato.

5. Per concludere, la Corte costituzionale rinnova l'auspicio affinchè il Legislatore e il SSN garantiscano concreta attuazione ai principi fissati con la precedente pronuncia del 2019, ferma restando la possibilità che il Legislatore intervenga con una disciplina ad hoc. La Consulta sottolinea altresì la necessità di garantire a tutti i pazienti l'effettiva possibilità di accedere alle cure palliative appropriate.

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