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13 aprile 2023 N. 65 - Avvocati
L’equo compenso per i professionisti
La Camera ha approvato in via definitiva la proposta di legge sull'equo compenso delle prestazioni rese dai professionisti, allo scopo di rafforzare la tutela sostanziale e processuale di questi ultimi nei confronti di alcune categorie di imprese e della Pubblica Amministrazione e riconoscendo un ruolo importante ai Consigli locali e nazionali. Il testo del provvedimento riproduce quello che aveva già ottenuto il via libera dalla Camera durante la scorsa legislatura, il cui iter si era tuttavia interrotto al Senato, che ha poi approvato il testo con una modifica meramente formale. Successivamente, la proposta di legge ha ottenuto l'approvazione della Commissione Giustizia e quindi della Camera.
di Avv. Fabio Valerini
Quando un compenso è equo?
Il primo punto qualificante l'intervento normativo è senz'altro l'individuazione di quando un compenso per la prestazione professionale possa dirsi equo.
L'art. 1 prevede una definizione di “equo compenso” in relazione a due criteri: uno affidato a clausole generali, l'altro ancorato a dati numerici.
Ed infatti, un primo criterio per sapere se un compenso sia, o no, equo è quello di valutare se sia «proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale» (art. 1) tenendo anche conto dei costi sostenuti dal prestatore d'opera (art. 3, comma 1).
Il secondo criterio è che quel compenso deve essere conforme ai compensi previsti:
  1. per gli avvocati, dal decreto del Ministro della Giustizia emanato ai sensi dell'articolo 13, comma 6, della Legge 31 dicembre 2012, n. 247;
  2. per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 9 del Decreto-Legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 marzo 2012, n. 27;
  3. per i professionisti di cui al comma 2 dell'articolo 1 della Legge 14 gennaio 2013, n. 4 (e, cioè, i c.d. professionisti non ordinistici) dal Decreto del Ministro delle Imprese e del Made in Italy da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente Legge e, successivamente, con cadenza biennale, sentite le associazioni iscritte nell'elenco di cui al comma 7 dell'articolo 2 della medesima Legge n. 4 del 2013.
In base al terzo comma dell'art. 5 «i parametri di riferimento delle prestazioni professionali sono aggiornati ogni due anni su proposta dei Consigli nazionali degli ordini o collegi professionali».
Per il primo comma dell'art. 3 sono nulle le clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all'opera prestata per prevedere «un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi» (che possiamo dire rappresenti presunzione assoluta di non equità).
Su questo aspetto, e cioè, sul legame tra equità del compenso e rispetto dei parametri occorre ricordare – oltre alla sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea 4 luglio 2019 nel caso C-377/17 – la segnalazione che fece l'Autorità per la Concorrenza e il Mercato (con riferimento all'analoga disposizione contenuta nella Legge professionale degli avvocati e poi estesa agli altri professionisti) secondo cui il Legislatore «reintroduce di fatto i minimi tariffari, con l'effetto di ostacolare la concorrenza di prezzo tra professionisti nelle relazioni commerciali con alcune tipologie di clienti c.d. "forti" (compresa la Pubblica Amministrazione)».
L’ambito di applicazione
Le disposizioni sull'equo compenso troveranno applicazione in base all'art. 2 ai rapporti professionali aventi ad oggetto la prestazione d'opera intellettuale di cui all'articolo 2230 del Codice civile quando essi vengano regolati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali.
Per il secondo comma dell'art. 2 la disciplina dell'equo compenso troverà applicazione per ogni tipo di accordo preparatorio o definitivo purché sia vincolante per il professionista, le cui clausole sono comunque utilizzate dalle imprese di cui al comma 1 e anche – ex art. 3, comma 2 – per quei documenti contrattuali distinti dalla convenzione che prevedono clausole espressamente ritenute nulle.
Le prestazioni professionali cui sarà applicabile la disciplina dell'equo compenso saranno quelle svolte in favore:
  • di imprese bancarie e assicurative nonché delle loro società controllate, delle loro mandatarie;
  • di imprese che nell'anno precedente al conferimento dell'incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di cinquanta lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro;
  • della Pubblica Amministrazione e delle società disciplinate dal Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al Decreto Legislativo 19 agosto 2016, n. 175
Le disposizioni non troveranno, invece, applicazione - con un'esclusione che ha già fatto discutere, ma che recepisce una condizione che era stata posta dalla Commissione Bilancio - per le prestazioni rese dai professionisti in favore di società veicolo di cartolarizzazione (e, quindi, anche per i servicer che operano per quelle?) e degli agenti della riscossione
Questi ultimi dovranno garantire comunque, all'atto del conferimento dell'incarico professionale, la pattuizione di compensi adeguati all'importanza dell'opera, tenendo conto, in ogni caso, dell'eventuale ripetitività della prestazione richiesta.
La limitazione di questa formula sembra portare alla conclusione che le società veicolo di cartolarizzazione non siano tenute a rispettare neppure questa previsione con un risultato rispetto al quale già si può avanzare un dubbio di costituzionalità, apparendo ispirato semplicemente a logiche economiche di contenimento di spesa per un settore specifico.
Il tema è stato oggetto anche di un ordine del giorno (Potenti) nel quale, peraltro, si dava conto delle dimensioni e caratteristiche del fenomeno per cui «a fine 2021 si stimavano crediti acquisiti da SVC per oltre 305 miliardi di euro, aumentati ulteriormente nel 2022 e destinati ad aumentare ancora nel prossimo biennio. Si tratta di alcuni milioni di pratiche che riguardano crediti problematici (NPE) ceduti massivamente da banche ed in larghissima parte in fase di contenzioso giudiziale».
La nullità delle clausole che prevedono un compenso non equo
L'art. 3 commina la nullità delle clausole che non rispettano la disciplina sull'equo compenso (comma 1) e delle clausole che «vietino al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione o che impongano l'anticipazione di spese o che, comunque, attribuiscano al committente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro svolto o del servizio reso» (comma 2).
Sempre il secondo comma commina la nullità di quelle clausole e pattuizioni, anche se contenute in documenti contrattuali distinti dalla convenzione, dall'incarico o dall'affidamento tra il cliente e il professionista, che consistano:
  • nella riserva al cliente della facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto;
  • nell'attribuzione al cliente della facoltà di rifiutare la stipulazione in forma scritta degli elementi essenziali del contratto;
  • nell'attribuzione al cliente della facoltà di pretendere prestazioni aggiuntive che il professionista deve eseguire a titolo gratuito;
  • nell'anticipazione delle spese a carico del professionista;
  • nella previsione di clausole che impongono al professionista la rinuncia al rimborso delle spese connesse alla prestazione dell'attività professionale oggetto della convenzione;
  • nella previsione di termini di pagamento superiori a sessanta giorni dalla data di ricevimento da parte del cliente della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente;
  • nel caso di un incarico conferito a un avvocato, nella previsione che, in caso di liquidazione delle spese di lite in favore del cliente, all'avvocato sia riconosciuto solo il minore importo previsto nella convenzione, anche nel caso in cui le spese liquidate siano state interamente o parzialmente corrisposte o recuperate dalla parte, ovvero solo il minore importo liquidato, nel caso in cui l'importo previsto nella convenzione sia maggiore;
  • nella previsione che, in caso di un nuovo accordo sostitutivo di un altro precedentemente stipulato con il medesimo cliente, la nuova disciplina in materia di compensi si applichi, se comporta compensi inferiori a quelli previsti nel precedente accordo, anche agli incarichi pendenti o, comunque, non ancora definiti o fatturati;
  • nella previsione che il compenso pattuito per l'assistenza e la consulenza in materia contrattuale spetti solo in caso di sottoscrizione del contratto;
  • nell'obbligo per il professionista di corrispondere al cliente o a soggetti terzi compensi, corrispettivi o rimborsi connessi all'utilizzo di software, banche di dati, sistemi gestionali, servizi di assistenza tecnica, servizi di formazione e di qualsiasi bene o servizio la cui utilizzazione o fruizione nello svolgimento dell'incarico sia richiesta dal cliente.
Con una disposizione opportuna il comma 4 prevede che «la nullità delle singole clausole non comporta la nullità del contratto, che rimane valido ed efficace per il resto».
Quanto al regime della nullità essa «opera solo a vantaggio del professionista ed è rilevabile d'ufficio».
Peraltro, questa nullità opera anche quando sia stato il professionista a predisporre il testo dell'accordo (salvo la sua responsabilità disciplinare) stante «l'obbligo di avvertire il cliente, nei soli rapporti in cui la convenzione, il contratto o comunque qualsiasi accordo con il cliente siano predisposti esclusivamente dal professionista, che il compenso per la prestazione professionale deve rispettare in ogni caso, pena la nullità della pattuizione, i criteri stabiliti» dalla Legge sull'equo compenso.
Infine, i commi 5 e 6 prevedono un meccanismo giudiziario di rideterminazione delle clausole contrattuali sui compensi.
Ebbene, il comma 5 dell'art. 3 prevede che  il professionista possa impugnare la convenzione, il contratto, l'esito della gara, l'affidamento, la predisposizione di un elenco di fiduciari o comunque qualsiasi accordo che preveda un compenso inferiore ai valori determinati ai sensi del comma 1, davanti al tribunale competente per il luogo ove egli ha la residenza o il domicilio, al fine di far valere la nullità della pattuizione e di chiedere la rideterminazione giudiziale del compenso per l'attività professionale prestata.
In questo caso, il tribunale procede alla rideterminazione secondo i parametri previsti dai decreti ministeriali di cui al comma 1 relativi alle attività svolte dal professionista, tenendo conto dell'opera effettivamente prestata e chiedendo, se necessario, al professionista di acquisire dall'ordine o dal collegio a cui è iscritto il parere sulla congruità del compenso o degli onorari, che costituisce elemento di prova sulle caratteristiche, sull'urgenza e sul pregio dell'attività prestata, sull'importanza, sulla natura, sulla difficoltà e sul valore dell'affare, sulle condizioni soggettive del cliente, sui risultati conseguiti, sul numero e sulla complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate. In tale procedimento il giudice può avvalersi della consulenza tecnica, ove sia indispensabile ai fini del giudizio.
Per come disciplinata quest'azione (e l'equo compenso in generale) sembra che sarà possibile esperibile quest'azione soltanto una volta conclusa una prestazione rispetto alla quale è possibile ottenere la liquidazione di un compenso, non essendo possibile predicare una non conformità in astratto del compenso, ma legata all'attività effettivamente svolta (diversamente dalle clausole che abbiamo ricordato prima che prescindono dall'esercizio in concreto e per le quali può esserci un interesse alla declaratoria di nullità).
In base all'art. 4 «il giudice che accerta il carattere non equo del compenso pattuito ai sensi della presente legge ridetermina il compenso dovuto al professionista e condanna il cliente al pagamento della differenza tra l'equo compenso così determinato e quanto già versato al professionista. Il giudice può altresì condannare il cliente al pagamento di un indennizzo in favore del professionista fino al doppio della differenza di cui al primo periodo, fatto salvo il risarcimento dell'eventuale maggiore danno».
La disciplina dell’equo compenso
Gli articoli 5 e 6 dettano alcune disposizioni eterogenee.
Un gruppo di disposizioni riguarda la previsione di «presunzioni»:

precisazione

  1. per il comma 1 «gli accordi preparatori o definitivi, purché vincolanti per il professionista, conclusi tra i professionisti e le imprese di cui all'articolo 2 si presumono unilateralmente predispostidalle imprese stesse, salva prova contraria»;
  2. per l'art. 6 le imprese possono ricorrere ad una presunzione di equità del compenso laddove decideranno di adottare (si tratta, infatti, di una facoltà) modelli standard di convenzione, concordati con i Consigli nazionali degli ordini o collegi professionali.
Il quarto comma dell'art. 5 prevede, poi, una legittimazione processuale per cui «i Consigli nazionali degli ordini o collegi professionali sono legittimati ad adire l'autorità giudiziaria competente qualora ravvisino violazioni delle disposizioni vigenti in materia di equo compenso».
La responsabilità disciplinare del professionista
Per rafforzare la disciplina dell'equo compenso il quinto comma dell'art. 5 prevede l'introduzione da parte degli ordini e collegi professionali di due ipotesi di illecito deontologico a carico del professionista.
Secondo la nuova norma:

legislazione

« gli ordini e i collegi professionali adottano disposizioni deontologiche volte a sanzionare la violazione, da parte del professionista, dell'obbligo di convenire o di preventivare un compenso che sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione professionale richiesta e determinato in applicazione dei parametri previsti dai pertinenti decreti ministeriali, nonché a sanzionare la violazione dell'obbligo di avvertire il cliente, nei soli rapporti in cui la convenzione, il contratto o comunque qualsiasi accordo con il cliente siano predisposti esclusivamente dal professionista, che il compenso per la prestazione professionale deve rispettare in ogni caso, pena la nullità della pattuizione, i criteri stabiliti dalle disposizioni della presente legge ».

La disciplina della prescrizione (onorario e responsabilità professionale)
Il secondo comma dell'articolo 5 e l'articolo 6 introducono una disciplina espressa in senso favorevole per il professionista in tema di prescrizione.
Il secondo comma dell'art. 5, per quanto riguarda il diritto del professionista al proprio compenso, introduce una disciplina ad hoc della prescrizione che riecheggia anche il tema del frazionamento del credito.
Secondo la nuova disposizione «la prescrizione del diritto del professionista al pagamento dell'onorario decorre dal momento in cui, per qualsiasi causa, cessa il rapporto con l'impresa [ovvero con la pubblica amministrazione, nda] di cui all'articolo 2 …. In caso di una pluralità di prestazioni rese a seguito di un unico incarico, convenzione, contratto, esito di gara, predisposizione di un elenco di fiduciari o affidamento e non aventi carattere periodico, la prescrizione decorre dal giorno del compimento dell'ultima prestazione».
Viceversa, l'art. 6 prevede che il termine di prescrizione per l'esercizio dell'azione di responsabilità professionale decorre dal giorno del compimento della prestazione da parte del professionista.
Il parere di congruità con efficacia di titolo esecutivo
L'articolo 7 introduce una forma di tutela del compenso del professionista alternativa al procedimento di ingiunzione(artt. 633 c.p.c. e ss) e al procedimento di cui all'articolo 14 del Decreto Legislativo 1° settembre 2011, n. 150.
Ed infatti, «il parere di congruità emesso dall'ordine o dal collegio professionale sul compenso o sugli onorari richiesti dal professionista costituisce titolo esecutivo, anche per tutte le spese sostenute e documentate, se rilasciato nel rispetto della procedura di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e se il debitore non propone opposizione innanzi all'autorità giudiziaria, ai sensi dell'articolo 281-undecies del codice di procedura civile [e non più, come previsto nel testo approvato dalla Camera, dell'art. 702 bis cod.proc. civ. abrogato medio tempore dalla riforma Cartabia così determinando un terzo passaggio parlamentare, nda] , entro quaranta giorni dalla notificazione del parere stesso a cura del professionista».
La lettura della norma, nella parte in cui prevede che il parere dovrà essere rilasciato, per poter essere titolo esecutivo, nel rispetto della procedura di cui alla Legge 7 agosto 1990, n. 241 sembra poter aprire ad un'interpretazione per la quale – in questo caso – il parere di congruità dovrebbe essere emesso previa instaurazione di una forma di contraddittorio procedimentale con il cliente del professionista (consistente nella mera possibilità che il cliente possa interloquire prima dell'emanazione del parere).
Per il secondo comma 

legislazione

«il giudizio di opposizione si svolge davanti al giudice competente per materia e per valore del luogo nel cui circondario ha sede l'ordine o il collegio professionale che ha emesso il parere di cui al comma 1 del presente articolo e, in quanto compatibile, nelle forme di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150».

L’azione di classe
L'art. 9 prevede espressamente che «i diritti individuali omogenei dei professionisti possono essere tutelati anche attraverso l'azione di classe ai sensi del titolo VIII-bis del libro quarto del codice di procedura civile»
Ai fini di cui al primo periodo, ferma restando la legittimazione di ciascun professionista, l'azione di classe può essere proposta dal Consiglio nazionale dell'ordine al quale sono iscritti i professionisti interessati o dalle associazioni maggiormente rappresentative.
Tenendo conto della giurisprudenza formata con riferimento alla nozione di “diritti individuali omogenei”, e sempre a prima lettura, si potrebbe pensare che questa forma di tutela collettiva potrebbe essere pensata per la nullità delle clausole che abbiamo visto essere assistite da sanzione di nullità dal momento che, per il compenso, occorrerà pur sempre un riferimento alla prestazione eseguita che, quindi, non potrà che essere diversa, non soltanto per ogni professionista, ma per ogni prestazione di ogni singolo professionista.
L’Osservatorio nazionale sull’equo compenso
Infine, l'art. 10 istituisce un Osservatorio nazionale sull'equo compenso che presenterà alle Camere, entro il 30 settembre di ogni anno, una relazione sulla propria attività di vigilanza.
L'Osservatorio sarà composto da un rappresentante nominato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, da un rappresentante per ciascuno dei Consigli nazionali degli ordini professionali, da cinque rappresentanti, individuati dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, per le associazioni di professionisti non iscritti a ordini e collegi, di cui al comma 7 dell'articolo 2 della Legge 14 gennaio 2013, n. 4, ed è presieduto dal Ministro della Giustizia o da un suo delegato.
Sarà compito dell'Osservatorio:

precisazione

  • esprimere pareri, ove richiesto, sugli schemi di atti normativi che riguardano i criteri di determinazione dell'equo compenso e la disciplina delle convenzioni di cui all'articolo 2;
  • formulare proposte nelle materie di cui alla lettera a);
  • segnalare al Ministro della Giustizia eventuali condotte o prassi applicative o interpretative in contrasto con le disposizioni in materia di equo compenso e di tutela dei professionisti dalle clausole vessatorie.
L'Osservatorio è nominato con decreto del Ministro della giustizia e dura in carica tre anni e ai suoi componenti non spetta alcun compenso, gettone di presenza, rimborso di spese o altro emolumento comunque denominato e a qualsiasi titolo dovuto (come era stato richiesto dalla Commissione Bilancio).
Disposizioni transitorie e abrogazioni
L'art. 11 prevede che le nuove disposizioni non trovano applicazione per le convenzioni in corso sottoscritte prima della data di entrata in vigore della Legge.
L'art. 12, infine, provvede all'abrogazione di alcune disposizioni rispetto alle quali il Servizio Studi del Senato ricorda opportunamente che «l'abrogazione di disposizioni abrogative non provoca automaticamente la reviviscenza delle norme abrogate».

precisazione

Risultano abrogate le seguenti disposizioni:

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