Svolgimento del processo
1. Con ricorso del 26 gennaio 2024, la ASD P. FC ha adito il Collegio di Garanzia dello Sport per ottenere l’annullamento della decisione della Corte Sportiva d’Appello Territoriale FIGC presso il Comitato Regionale Toscana, pubblicata nel Comunicato Ufficiale n. 42 del 28 dicembre 2023, con la quale è stato accolto il reclamo proposto dalla ASD M. di (omissis) 2023 avverso la decisione del Giudice Sportivo Territoriale, in ordine alla regolarità della gara del 29 novembre 2023 tra M. di (omissis) 2023 e P., valevole per il ritorno della Coppa Provinciale di Terza Categoria. Nonché, previa sospensione cautelare, del provvedimento del Comitato Regionale (Comunicato Ufficiale n. 31 del 24 gennaio 2024 - pag. 19 - pubblicato il 24 gennaio 2024 Comitato Regionale Toscana - Delegazione Provinciale (omissis) ), con cui è stata convocata la ASD M. di (omissis) 2023 per stabilire le modalità organizzative della seguente gara di finale della predetta Coppa Provinciale.
Risulta dagli atti che, all’esito della menzionata gara, l’odierna ricorrente promuoveva reclamo al Giudice Sportivo Territoriale della LND - Delegazione Provinciale di (omissis) , lamentando la posizione irregolare di un calciatore della ASD M. di (omissis) 2023 (per assenza del tesseramento).
Il Giudice di prime cure, con provvedimento pubblicato sul Comunicato Ufficiale n. 24/2023, accoglieva il reclamo, argomentando come segue: «da un esame eseguito presso l'ufficio tesseramento del C.R.T. risulta che tutti i giocatori sopra menzionati sono tesserati per la società ANR M. DI (OMISSIS) fatta eccezione per il giocatore B. L. e pertanto non poteva essere schierato in campo per la disputa della gara in argomento. Per questi motivi il G.S.T., in accoglimento del reclamo come sopra proposto dalla ASD P. FOOTBALL CLUB, infligge alla società A. M. DI (OMISSIS) la punizione sportiva della perdita della gara suindicata con il punteggio di 0 - 3 a norma dell'art. 10 comma 7 del C.G.S. escludendola dal prosieguo della manifestazione; al Dirigente Accompagnatore G. (della Società ANR M. DI (OMISSIS)) l’inibizione di mesi UNO; ed alla società A. M. DI (OMISSIS) l'ammenda di € 100,00. (Cento/00)».
2. Avverso tale decisione, l’ASD (omissis) proponeva reclamo innanzi alla Corte Sportiva di Appello Territoriale presso il Comitato Regionale Toscana. Il successivo 28 dicembre 2023, la Corte Sportiva di Appello Territoriale adottava il Comunicato Ufficiale n. 42/2023, quivi impugnato, con il quale accoglieva il gravame argomentando in ordine alla tempestività dell’impugnazione in primo grado nei termini che seguono: «Dagli atti di causa, infatti, risulta che la società P. Asd non ha tempestivamente preannunciato il reclamo proposto dinanzi al Giudice Sportivo Territoriale, a mente della richiamata normativa, avendo la stessa inviato (e consegnato) unicamente l’atto di reclamo con pec del 30.11.2023, alle ore 15:06:07. Peraltro, anche a voler tenere conto dell’orientamento di questa Corte in materia, secondo cui ove il soggetto reclamante depositi un atto di reclamo senza preannuncio, ma nei termini previsti per il rituale deposito del preannuncio stesso, l’atto di reclamo così proposto e inviato (svolgente, in tal caso, la duplice funzione di preannuncio e di reclamo) è da considerarsi valido a tutti gli effetti di legge, tale principio non può essere applicato alla fattispecie in esame poiché, con delibera n. 76/A del 21.08.2023, pubblicata sul C.U. n. 9 del 24.08.2023, relativamente alle “gare delle fasi regionali di Coppa Italia, di Coppa Regione e Coppa Provincia, organizzate dai Comitati Regionali della LND”, i termini per la proposizione di rituale preannuncio di reclamo sono stati ridotti “alle ore 12:00 del giorno successivo allo svolgimento della gara” (“Per i procedimenti in prima istanza presso i Giudici Sportivi Territoriali presso i Comitati Regionali instaurati su ricorso della parte interessata: - il termine per presentare il preannuncio di ricorso, unitamente al contributo e al contestuale invio alla controparte di copia della dichiarazione di preannuncio di reclamo, è fissato entro le ore 12,00 del giorno successivo allo svolgimento della gara”). Nel caso di specie, dunque, poiché l’atto di reclamo della società P. Asd risulta inviato alle ore 15:06:07, quindi in epoca posteriore alla scadenza del termine delle ore 12:00 previsto dalla richiamata delibera per la presentazione del preannuncio di ricorso, l’eccezione pregiudiziale formulata dalla società A. M. di (omissis) 2023 appare meritevole di accoglimento, dovendo la Corte, ritenendo assorbite le ulteriori questioni di merito, semplicemente dare atto dell’esistenza di motivi di improcedibilità del ricorso in primo grado (ex art. 78, 2° comma, CGS), annullando la decisone impugnata senza rinvio».
3. Ha proposto ricorso al Collegio la ASD P., affidando le proprie doglianze ai seguenti motivi di diritto.
I. “Violazione e/o erronea interpretazione di una norma di diritto nel caso di specie gli art. 2 C.G.S. CONI, 24, 25 e 111 Cost. sulla parità delle parti e sul principio del contraddittorio con particolare riferimento alla natura ordinatoria del termine delle ore 12.00 per proporre reclamo”.
Argomenta la ricorrente, atteso che la gara per cui è causa si è disputata il 15 novembre u.s. alle ore 21, e non anche alle ore 15, che considerare il termine delle ore 12 del giorno successivo previsto dalla delibera n. 76/A del 21.08.2023 per proporre reclamo sia da considerarsi ordinatorio. In tesi, l’aver posticipato di ben sei ore l’inizio della partita avrebbe prorogato i termini del diritto a difesa.
Inoltre, la non perentorietà di detto termine sarebbe evidente dal ritenuto contrasto tra detta delibera del Comitato Regionale Toscana con l’art. 67 CGS FIGC, che diversamente fissa alle ore 24 del giorno successivo alla gara il termine per proporre reclamo.
II. “Insufficiente e/o omessa motivazione in seno alla decisione impugnata su un punto decisivo della controversia relativamente alla valutazione delle risultanze probatorie essendo la questione rilevabile d’ufficio”.
La Corte Sportiva, secondo la prospettazione della ricorrente, si sarebbe illegittimamente arrestata ad una pronuncia in rito, completamente omettendo di pronunciarsi sulla questione, acclarata, circa la irregolarità della posizione del calciatore avversario.
III. “Sulla violazione dei principi di buona fede, lealtà e correttezza del Codice di Giustizia Sportiva”.
Osserva la ricorrente che l’aver fatto disputare una partita di calcio con un calciatore in posizione irregolare, accertato per di più da un Organo di Giustizia Sportiva quale è il Giudice Sportivo Territoriale, viola espressamente i principi di buona fede, lealtà e correttezza, che sono alla base dell’Ordinamento Sportivo e quindi del Codice di Giustizia Sportiva.
3.1. Si è costituita in giudizio la FIGC, concludendo per l’inammissibilità ed in ogni caso per infondatezza del ricorso.
Motivi della decisione
Il ricorso va accolto.
Giova premettere che, secondo il principio iura novit curia, di cui all'articolo 113, comma 1, del c.p.c., viene fatta salva la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in lite, nonché all'azione esercitata in causa, ponendo a fondamento della sua decisione anche principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti, fermo restando, però, il divieto per il giudice di immutare gli elementi materiali che inverano il fatto costitutivo della pretesa, pronunciandosi su questioni non formanti oggetto del giudizio e non rilevabili d'ufficio (Cass. civ., sez. III, 23 novembre 2022, n. 34432), il che si traduce, ovviamente, in un potere/dovere del giudice (specialmente quello di legittimità) di presidiare la tenuta del sistema ordinamentale laddove principi generali sia sostanziali che processuali vengano violati. Orbene, nella vicenda che ci occupa vengono narrati due episodi processuali: uno, di primo grado, che accoglie il ricorso in assenza di controparte che ha scelto la contumacia ed uno, in secondo grado, liddove la parte inizialmente contumaciale (in primo grado) solleva una questione procedurale che ben avrebbe potuto sollevare in primo grado (è d’uopo precisare che il processo di primo grado risulta ritualmente comunicato alla parte odierna resistente che ha condotto alla riforma della prima decisione). Il richiamo che il codice di Giustizia Sportiva del CONI fa all’applicabilità delle norme processuali civili (art. 2, comma 6, CGS) fa sì che trovino ingresso nel processo sportivo l’insieme delle regole e delle preclusioni che il richiamato codice stabilisce e, pertanto, con riferimento al sistema di preclusioni introdotto dalla l. n. 353 del 1990, la garanzia della ragionevole durata del processo, espressamente sancita dall'art. 111, comma 2, cost., deve fungere da parametro di costituzionalità delle norme processuali, per essere oggetto oltre che di un interesse collettivo, di un diritto di tutte le parti, costituzionalmente tutelato, non meno di quello di un giudizio equo e imparziale. L'opera ermeneutica, pertanto, deve essere sorretta dalla consapevolezza che i termini acceleratori e le preclusioni volte a impedire l'ingresso nel processo di un fatto e/o di una prova sono funzionalizzati proprio a tutelare il suddetto principio della ragionevole durata e quello a esso correlato della economicità del giudizio. Il regime delle preclusioni di cui alla ricordata normativa, pertanto, ha inteso raggiungere un punto di equilibrio tra le esigenze di efficienza del processo e il diritto di difesa delle parti, onde evitare una modifica o un ampliamento del "thema decidendum" (sul punto anche Cass. Civ., sez. II, 20 marzo 2007, n. 6639).
Fatta questa premessa di ordine sistematico ed anche metodologico, non può non rilevarsi che talune eccezioni debbono essere proposte e/o rilevate nei tempi processuali assegnati dall’ordinamento processuale, sotto pena, in difetto, della loro improponibilità, con la cristallizzazione di quanto avvenuto. Va annoverata, tra le eccezioni soggette alle preclusioni decadenziali processuali sicuramente quella relativa alla tardività di un ricorso o di un reclamo o di qualsiasi altro atto di impugnazione, specialmente laddove lo stesso motivo (la tardività) non sia stato né eccepito dalla parte che vuole avvalersene né dal giudice d’ufficio e neppure dalla parte in sede di gravame quale specifico motivo di impugnazione. Il detto principio trova cittadinanza diffusa nella giurisprudenza di legittimità, secondo la quale la pronuncia d'ufficio del giudice di primo grado su una questione processuale per cui è prescritto un termine di decadenza o il compimento di una determinata attività - in difetto di espressa previsione normativa della rilevabilità "in ogni stato e grado" ed escluse le ipotesi di vizi talmente gravi da pregiudicare interessi di rilievo costituzionale - deve avvenire entro il grado di giudizio nel quale essa si è manifestata; qualora il giudice di primo grado abbia deciso la controversia nel merito, omettendo di pronunciare d'ufficio sulla questione (nella specie, rilievo del carattere tardivo del reclamo in primo grado), resta precluso l'esercizio del potere di rilievo d'ufficio sulla stessa, per la prima volta, tanto al giudice di appello quanto a quello di cassazione, ove non sia stata oggetto di impugnazione o non sia stata ritualmente riproposta, essendosi formato un giudicato implicito interno in applicazione del principio di conversione delle ragioni di nullità della sentenza in motivi di gravame previsto dall'art. 161 c.p.c. (Cass. Civ., sez. III, 10 marzo 2021, n. 6762).
Non v’è chi non veda come, nella vicenda oggetto di scrutinio, la parte oggi resistente abbia proposto un gravame in appello senza chiedere come specifico motivo la tardività del reclamo di primo grado, che è stata rilevata d’ufficio (erroneamente per quanto espresso dalla Corte Sportiva di Appello) e che doveva e poteva essere risolta in primo grado laddove la odierna resistente, ritualmente notiziata del processo, ha scelto la strada della contumacia.
Orbene, ricordando che, a mente dell’art. 2969 c.c., la decadenza non può essere rilevata d'ufficio dal giudice, salvo che, trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti, il giudice debba rilevare le cause d'improponibilità dell'azione, non può non affermarsi che la mancata proposizione della eccezione in primo grado della decadenza dal reclamo per decorso del termine non può essere riproposta in appello (peraltro, ciò non è avvenuto specificamente come motivo specifico di gravame), né può essere rilevata d’ufficio, essendo una attività, quella soggetta a preclusioni, riservata alla parte. Sul punto, una risalente, ma mai contraddetta, giurisprudenza di legittimità ha osservato che, “ai sensi dell’art. 2969 cod. civ., la decadenza, di regola, non è rilevabile di ufficio, per cui, in tanto la questione della tempestività dell’azione può sorgere, in quanto l’interessato sollevi la relativa eccezione, la quale deve consistere non solo nella menzione di un fatto storico, ma anche nella chiara, seppure non formale, manifestazione della volontà di avvalersi dell’effetto, estintivo dell’altrui pretesa, che a quel fatto la legge ricollega (Cass. Civ., sez. II, 5 marzo 1987, n. 2330 e, più recentemente sulla inammissibilità della eccezione in sede di gravame, Cass. Civ., sez. I, 31 luglio 2019, n. 20661). Milita, peraltro, a favore di tale ricostruzione il testo dell’art. 112 c.p.c., per il quale “ll giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa; e non può pronunciare d'ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti” e che, nel caso che ci occupa, l’eccezione di decadenza dal proporre il reclamo (in primo grado) sia eccezione in senso stretto, che, come è noto, consiste nella contrapposizione di fatti che, senza escludere la sussistenza del rapporto su cui si fonda la domanda principale, accorda ad una parte il potere di neutralizzare il diritto della controparte (Cass. Civ., sez. VI, 30 giugno 2020, n. 12980). Non v’è chi non veda come la medesima eccezione sconti preclusioni processuali tali da non poter essere né proposta per la prima volta in appello né, tanto meno, essere rilevata dal giudice cui spetta tale potere unicamente per le eccezioni in senso lato. Valga, ad adiuvandum, il principio per il quale le eccezioni non rilevabili d'ufficio sono solo quelle nelle quali la manifestazione della volontà della parte sia strutturalmente prevista quale elemento integrativo della fattispecie difensiva, ovvero quando singole disposizioni espressamente prevedano come indispensabile l'iniziativa di parte (Cass. Civ., sez. VI, 13 gennaio 2012, n. 409).
Alla luce di quanto sopra, la Corte Sportiva di Appello ha errato nella sua delibazione e, pertanto, il ricorso va accolto e la decisione di secondo grado va cassata.
La vicenda, per la sua complessità ricostruttiva da un punto di vista sistematico, giustifica la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Prima Sezione
Accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla la decisione impugnata. Spese compensate.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.